19/06/2025

Data Strategy per PMI: 5 miti da sfatare

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Founder & CEO @ Partica 2.0

Ciao a tutti! Sono Lorenzo, Data scientist, CEO e founder di Partica 2.0 🚀 Sono qui p...

Siamo nel 2025 e ogni impresa sa che "i dati sono il nuovo petrolio", essenziali per la gestione aziendale. Lo sentiamo ripetere ovunque: conferenze, articoli, consulenti che bussano alla porta. Eppure, secondo l'Osservatorio del Politecnico di Milano, solo una PMI italiana su tre dedica parte del budget alle soluzioni di analytics, e il peso delle piccole e medie imprese sul mercato italiano degli Analytics si ferma a un misero 12% del totale. Un paradosso che racconta una storia precisa: tutti sanno che dovrebbero fare qualcosa con i propri dati, ma nessuno sa esattamente cosa, come e soprattutto da dove iniziare.

Il problema non è la mancanza di consapevolezza, ma la presenza di falsi miti che paralizzano le decisioni. Molte PMI credono di aver bisogno di big data quando ne basterebbero pochi ma buoni, pensano di dover assumere data scientist quando servirebbe semplicemente strutturare meglio le domande, o rimandano qualsiasi iniziativa aspettando la "digitalizzazione completa" che non arriverà mai. Nel frattempo, le aziende che hanno smesso di aspettare e hanno iniziato con poco stanno già raccogliendo i frutti grazie all'implementazione di processi aziendali efficaci.

 

MITO #1: "Ci servono Big Data per iniziare"

La realtà: Poche informazioni ben usate battono i big data ignorati

Questo è probabilmente il mito più dannoso per le imprese italiane in termini di data management. L'idea che per fare analytics serva gestire milioni di record, petabyte di informazioni e infrastrutture da multinazionale è il primo ostacolo che blocca molte aziende prima ancora di iniziare. La verità è esattamente l'opposto: le PMI hanno un vantaggio competitivo proprio perché possono conoscere i loro clienti molto più approfonditamente di quanto possa fare una grande corporation.

Esempio di successo: Dickey's Barbecue Pit, una catena americana con oltre 500 ristoranti, ha sviluppato una piattaforma proprietaria che analizza margini e inventory in tempo reale. Se un ristorante ha rimanenze, il sistema sviluppa automaticamente un'offerta di marketing personalizzata per i membri del programma fedeltà in pochi minuti, migliorando la customer experience. Se la domanda non soddisfa l'offerta, vengono attivate pubblicità mirate nella zona circostante entro la giornata. Risultato: ogni ristorante raggiunge i margini attesi senza sprechi, grazie a decisioni basate su analisi dei dati. Non servivano big data, ma poche misure usate in modo intelligente per ottenere analisi efficaci.

Contro-esempio che fa riflettere: Il NHS britannico ha tentato di creare un sistema sanitario elettronico nazionale stimando costi per £2.3 miliardi, senza una solida data governance. Nel corso degli anni, i costi sono lievitati oltre £10 miliardi prima che il progetto venisse completamente abbandonato. Il problema? Hanno pensato troppo grande, troppo presto, senza partire dalle basi.

 

MITO #2: "Non abbiamo abbastanza competenze tecniche"

La realtà: Servono le domande giuste, non i PhD in data science

Molte PMI si convincono di aver bisogno di uno scienziato in azienda per poter fare qualcosa di utile con i propri numeri. È come dire che per cucinare un buon sugo serve essere chef stellati. La verità è che le competenze tecniche sono sopravvalutate, mentre le competenze di business sono sottovalutate. Non serve sapere programmare in Python, serve sapere quali domande fare ai propri dati per ottenere decisioni basate su informazioni che migliorino il business.

Esempio di successo: Shell ha risparmiato milioni di dollari ottimizzando semplicemente l'inventario dei ricambi per le sue operazioni. Il sistema analizza quali parti tenere in stock e dove posizionarle geograficamente, riducendo i tempi di riparazione e garantendo la disponibilità dei ricambi giusti nei luoghi giusti. Non hanno inventato algoritmi complessi: hanno fatto domande precise sui dati che già avevano e hanno trovato correlazioni utili tra guasti, geografia e tempi di approvvigionamento.

Contro-esempio: Secondo l'Osservatorio del Politecnico di Milano, il 42% delle imprese rimane "inconsapevole o bloccato" non per mancanza di dati o tecnologie, ma per una visione limitata del fenomeno o la convinzione di non avere le risorse necessarie. Molte di queste aziende hanno già tutto quello che serve: un gestionale, un CRM, i dati di Qonto, ma non sanno come farli "parlare" tra loro per ottenere insight utili.

 

MITO #3: "I sistemi complessi sono sempre meglio"

La realtà: La semplicità vince sulla sofisticazione

È facile cadere nella trappola del "più è complesso, meglio è", ma le grandi aziende sanno che la semplicità può portare a una maggiore competitività. Molte PMI pensano che per essere professionali debbano avere sistemi enterprise da multinazionale, con dashboard di business intelligence che sembrano plance di controllo della NASA. Il risultato? Progetti che si arenano, costi che esplodono e sistemi di business intelligence che nessuno usa. La verità è che il sistema migliore è quello che risolve il tuo problema specifico con il minimo sforzo necessario, non quello più impressionante da mostrare.

Esempio di successo: Starbucks gestisce oltre 15.000 punti vendita negli Stati Uniti offrendo un'esperienza personalizzata che sembra quella di un piccolo coffee shop di quartiere. Come? Con un sistema molto semplice: raccolgono informazioni attraverso la loro app e il programma fedeltà. Il Digital Flywheel Program analizza gli ordini passati del cliente, l'ora del giorno, il giorno della settimana, le condizioni meteo e fa raccomandazioni personalizzate, aumentando la competitività. Non è rocket science: è semplicemente il giusto livello di complessità per il problema da risolvere.

Contro-esempio: Public Health England ha perso 15.841 casi positivi di COVID tra settembre e ottobre 2020 perché il loro sistema "legacy" era basato su Excel e aveva raggiunto il limite massimo di righe gestibili dal software. Un sistema troppo semplice per il compito critico di analizzare dati aziendali che doveva svolgere. Il paradosso? Avevano già pianificato l'upgrade a strumenti più avanzati, ma nel frattempo hanno usato uno strumento inadeguato per una situazione di emergenza nazionale.

 

MITO #4: "Un errore nei dati non può fare danni così gravi"

La realtà: Gli errori costano più di quanto immagini

Molti imprenditori sottovalutano l'impatto di dati sbagliati, considerandoli "errori amministrativi" che al massimo richiedono qualche correzione a fine mese. È una delle illusioni più pericolose nel mondo del business, specialmente per le PMI che non adottano la business intelligence. Un singolo errore di digitazione può far crollare il valore di un'azienda, un calcolo sbagliato può costare milioni in rimborsi, e un dato mancante può compromettere decisioni strategiche. La qualità dei dati non è un lusso per perfezionisti: è una questione di sopravvivenza aziendale, fondamentale per l'intelligenza artificiale.

Esempio shock: Samsung Securities ha accidentalmente distribuito azioni per $105 miliardi ai propri dipendenti, 30 volte il numero totale delle azioni esistenti dell'azienda, perché un impiegato ha digitato "shares" invece di "won" in un campo del computer durante il pagamento di un dividendo. L'errore ha fatto crollare le azioni Samsung del 12%, cancellando $300 milioni di valore di mercato in poche ore.

Altro esempio concreto: Uber ha ammesso nel 2017 che un errore nel loro sistema di calcolo delle commissioni aveva sottopagato i driver per anni. L'errore risaliva a un aggiornamento del 2014: invece di sottrarre tasse e commissioni prima di calcolare la commissione del 25%, il sistema calcolava la percentuale sul lordo. Il risultato? Uber ha dovuto rimborsare "decine di milioni" di dollari, circa $900 per ogni driver, a causa di inefficienze nei loro sistemi di gestione dei dati. Un semplice errore di logica in un algoritmo che è costato una fortuna.

 

MITO #5: "Prima dobbiamo digitalizzare tutto, poi pensiamo ai dati"

La realtà: Puoi iniziare anche con carta e penna, poi digitalizzi quello che funziona

Questo è un altro mito del "tutto o niente" che paralizza molte aziende, impedendo l'implementazione di soluzioni di business intelligence. L'idea che prima bisogna digitalizzare completamente l'azienda, gestionale nuovo, CRM integrato, processi automatizzati, e solo dopo pensare ai numeri è come dire che prima devi imparare a nuotare perfettamente e poi puoi entrare in acqua. Il risultato? Anni di attesa per il momento "giusto" che non arriva mai, mentre i competitor che hanno iniziato con poco stanno già ottimizzando e crescendo.

Esempio di eccellenza: UPS gestisce 19 milioni di pacchi al giorno con il sistema ORION (On-Road Integrated Optimization and Navigation), che processa informazioni da clienti e veicoli per ottimizzare le rotte di consegna in tempo reale considerando traffico, meteo e nuove richieste. Ma UPS non è nata digitale: ha iniziato negli anni '70 tracciando manualmente i percorsi più efficienti, poi ha gradualmente digitalizzato quello che funzionava. Oggi il loro sistema di ottimizzazione fa risparmiare centinaia di milioni di dollari all'anno in carburante e tempi di consegna.

 

Conclusioni

La differenza tra chi cresce e chi rimane fermo non sta nella dimensione dell'azienda, nel budget disponibile o nelle competenze tecniche del team. Sta nella volontà di iniziare, anche in piccolo, invece di aspettare il momento "perfetto", quello in cui avrà tutti i sistemi perfettamente integrati, che non arriverà mai. Nel frattempo, le aziende che hanno iniziato tracciando anche solo 2-3 KPI su un foglio Excel stanno già prendendo decisioni migliori e ottimizzando i loro processi. I dati non sono magia: sono semplicemente un modo sistematico per capire cosa funziona nel tuo business e cosa no, per prendere decisioni più informate e per replicare i successi, evidenziando l'importanza di una data strategy.


Come abbiamo visto negli esempi, le aziende di successo non sono partite con soluzioni complesse. Hanno iniziato facendo le domande giuste con dati che già avevano, hanno strutturato gradualmente la raccolta di informazioni e hanno automatizzato solo quello che aveva già dimostrato di funzionare. Il loro segreto? Non hanno aspettato di avere tutto perfetto prima di cominciare.


Il tuo percorso data-driven inizia oggi, con il primo numero che decidi di tracciare sistematicamente per analizzare le informazioni aziendali. Tra un anno, guardando indietro, sarà stato il primo passo della trasformazione più importante della tua azienda grazie all'analisi dei dati.

Ora tocca a te!

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